Vitaliano Brancati
Le due dittature
Nino Aragno Editore, pagg.100, € 15.00
Nel panorama della riflessione italiana sul totalitarismo, il contributo di Vitaliano Brancati con "Le due dittature" occupa una posizione particolare ma di straordinaria rilevanza. Scritto in forma di discorso pronunciato nei primi anni Cinquanta nell'ambito del Congresso Internazionale per la Libertà della Cultura, il testo rivela un'acuta consapevolezza dei pericoli insiti nei regimi autoritari, al di là delle loro differenti matrici ideologiche. Pubblicato oggi in una nuova edizione a cura dello storico Francesco Perfetti, questo breve saggio conferma l'attualità della riflessione brancatiana e il suo valore anticipatorio nell'ambito delle scienze politiche, della filosofia politica e della psicologia sociale.
Brancati, noto per la sua produzione narrativa intrisa di ironia e senso morale, con "Le due dittature" si distacca dalla dimensione letteraria per inoltrarsi con rigore nel terreno dell'analisi socio-politica. La sua definizione di liberalismo si fonda sulla centralità della libertà d'espressione e sull'assenza di censura come garanzia minima ma imprescindibile per la dignità umana. Ma la sua indagine non si limita all'enunciazione di principi. Egli cerca di comprendere, con lucidità e senza indulgenza, i meccanismi psicologici e collettivi che favoriscono la nascita e il consolidamento di un regime totalitario.
Nel farlo, Brancati evidenzia come il totalitarismo non sia soltanto una struttura imposta dall'alto, ma un processo che si alimenta anche della complicità passiva, spesso inconsapevole, degli individui. Il suo è dunque un liberalismo critico, che non si accontenta di condannare la dittatura, ma chiama ciascuno a una presa di coscienza etica e intellettuale. È in questa visione della libertà come responsabilità individuale che risiede l'originalità e, oggi più che mai, l'urgenza della riflessione brancatiana.
Il titolo "Le due dittature" allude esplicitamente alla duplice esperienza autoritaria vissuta dall'Europa nel Novecento: il fascismo e il comunismo sovietico. Tuttavia, Brancati non si limita a un confronto storico o ideologico tra le due forme di dominio totalitario. La sua analisi tende a individuare tratti comuni che attraversano entrambi i sistemi: la soppressione dell'autonomia individuale, l'omologazione culturale, l'identificazione dell'individuo con la massa e la riduzione della coscienza personale a funzione della volontà collettiva, pilotata dall'alto.
In questo senso, l'intervento di Brancati si configura come una riflessione di natura fenomenologica. La genesi della dittatura è descritta come un processo che coinvolge l'identità profonda dell'uomo moderno, portato ad abbandonare la propria soggettività in cambio di un'appartenenza rassicurante, benché illusoria. È un'analisi che, pur sviluppata con un lessico semplice e accessibile, tocca questioni che saranno poi centrali nel pensiero di filosofi come Hannah Arendt, soprattutto nella sua disamina dell'atomizzazione sociale come preludio alla conquista totalitaria.
Nonostante l'origine occasionale del testo – un discorso pubblico – la scrittura di Brancati si segnala per coerenza argomentativa e densità concettuale. La sua prosa mantiene il tratto distintivo dell'autore: uno stile limpido, sorretto da un'ironia sottile ma mai disimpegnata. È proprio questa combinazione di rigore morale, acutezza intellettuale e levità espressiva a conferire al saggio una forza persuasiva particolare. Lontano da ogni tecnicismo, Brancati riesce a parlare a un pubblico vasto senza semplificare eccessivamente i contenuti.
Il curatore, Francesco Perfetti, contestualizza con precisione storica il discorso, inquadrandolo nel clima culturale dell'immediato dopoguerra e nell'ambito del dibattito internazionale sul ruolo degli intellettuali nel contrasto ai totalitarismi. Le sue note critiche e l'introduzione storica permettono di comprendere appieno la portata del testo e il suo inserimento in una più ampia tradizione di pensiero europeo sulla libertà.
A oltre settant'anni dalla sua redazione, "Le due dittature" non ha perso nulla della sua attualità. In un'epoca segnata da nuove forme di controllo sociale, di manipolazione dell'informazione e di conformismo digitale, le riflessioni di Brancati risuonano con una forza rinnovata. La sua denuncia dell'appiattimento dell'individuo nella massa, del bisogno di sentirsi parte di un tutto che annulla l'identità personale, costituisce un monito di grande modernità.
La riedizione di questo saggio, impreziosita dal lavoro filologico e interpretativo di Francesco Perfetti, rappresenta un contributo significativo al recupero di una voce forse troppo poco ascoltata nel dibattito italiano sul totalitarismo. Vitaliano Brancati, più noto come romanziere e drammaturgo, si rivela in queste pagine un pensatore politico di rara lucidità, capace di andare oltre la contingenza per cogliere le dinamiche profonde del potere e della soggezione.
"Le due dittature", insomma, è un testo breve ma denso, capace di illuminare con rara efficacia i meccanismi psicologici e sociali che favoriscono l'instaurarsi del potere assoluto. In tempi di crisi delle democrazie liberali e di crescente sfiducia nei confronti delle istituzioni, la lettura di Brancati è più che mai opportuna. Non solo come testimonianza storica, ma come esercizio critico di cittadinanza.
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