La guerra dei bambini. Infanzia e vita quotidiana durante il nazismo

Nicholas Stargardt
Arnoldo Mondadori Editore, pagg.535, Euro 22,00
 
IL LIBRO – "Dura come il cuoio, forte come l'acciaio Krupp e veloce come un levriero." Queste, nei progetti di Hitler, erano le qualità che la gioventù tedesca del futuro avrebbe dovuto possedere. Tra gli obiettivi della guerra che il regime nazionalsocialista aveva intrapreso per la conquista dello "spazio vitale" e per combattere le forze del "bolscevismo giudaico" c'era quello di rendere la Germania sicura per la generazione più giovane. Per proteggerla furono realizzati i campi estivi della Gioventù hitleriana e venne organizzato lo sfollamento dei minori dalle città minacciate dalle incursioni aeree. Ma si decise anche di eliminare ed emarginare fin dalla più tenera età quegli elementi "deboli" che avrebbero potuto inquinare la purezza razziale dei tedeschi di domani: i "non ariani", i malati di mente, i disabili, i delinquenti. A un certo punto, però, quando gli eventi bellici precipitarono, i giovani nel cui nome il regime nazionalsocialista perseguiva la propria utopica visione dovettero essere immolati alla sua difesa. Con la costituzione del Volkssturm (ultima leva composta da adolescenti e da uomini che avevano superato la mezza età) le contraddizioni insite nell'ideale nazionalsocialista di gioventù emersero in modo stridente: si investiva nella salute dei minori, li si tutelava con severe disposizioni dallo sfruttamento sul lavoro e li si allontanava dalle città a rischio per poi mandarli contro i carri armati in bicicletta, armati di un paio di granate anticarro fissate al manubrio con una cinghia. All'utopia di una nazione ariana di famiglie sane, belle e felici, subentrava ora il suo opposto: il sacrificio. Verso la fine della guerra, per Goebbels e Hitler l'annientamento dell'intera nazione divenne preferibile alla sua capitolazione. Nicholas Stargardt dà voce per la prima volta ai bambini e ai giovani che vissero sotto il Terzo Reich e furono vittime del suo macabro progetto imperiale. Attingendo a un'ampia scelta di fonti, da cartelle cliniche a diari privati, lettere, disegni e fotografie, l'Autore considera la tragedia della seconda guerra mondiale dal punto di vista dei più vulnerabili e offre un'interpretazione originale dell'ordine sociale nazionalsocialista nel suo complesso. Trascinati nel più terribile dei conflitti europei, bambini e ragazzi caddero preda di bombardamenti, patirono la fame, furono costretti a fughe di massa, morirono nei campi di concentramento. Ma svolsero anche un ruolo di attiva partecipazione: contrabbandavano cibo, trafficavano al mercato nero e si occupavano di genitori, fratelli e sorelle malati. Inoltre seppero adattarsi rapidamente ai cambiamenti storici: i bambini polacchi, a contatto con la realtà dell'occupazione tedesca, giocavano a condurre interrogatori della Gestapo, quelli ebrei a fare le guardie del ghetto o le SS, quelli tedeschi, a pochi giorni dalla resa della Germania, ai soldati russi. Immaginando se stessi nei ruoli dei loro onnipotenti nemici, i giovani esprimevano speranze e timori, ma anche umiliazione, rabbia e invidia, sentimenti tragicamente condensati nelle parole di un piccolo ebreo di otto anni: "Voglio rubare, voglio rapinare, voglio mangiare, voglio essere un tedesco". Combatterono la guerra dentro di loro e ne uscirono lacerati interiormente. Se si identificarono con le forze vittoriose e videro nei propri genitori l'immagine della sconfitta impotente, è perché in qualche modo si sforzavano di sopravvivere e di guardare avanti.

DAL TESTO – “I bambini e gli adolescenti tedeschi si ritrovano coinvolti nella lotta per difendere l’ordine sociale; fu introdotta, infatti, una serie di provvedimenti per impedire l’impennata di una criminalità giovanile come quella che aveva afflitto il paese durante e dopo la prima guerra mondiale. In aggiunta al sistema dei tribunali dei minori e delle carceri minorili, i tribunali ordinari furono autorizzati a processare a loro discrezione “i minori responsabili di reati gravi” di età superiore ai sedici anni. All’atto pratico, le pressioni belliche sulla capacità detentiva mantenevano basso il numero dei detenuti nelle carceri minorili. Il numero di bambini e adolescenti mandati in riformatorio e dati in affidamento dalle Commissioni per l’assistenza ai minori, invece, era in continua crescita: nel 1941 avevano raggiunto quota 100.000, probabilmente la capienza massima delle strutture. A differenza dei piccoli criminali che riempivano le prigioni per adulti, la maggior parte di questi bambini e giovani adolescenti non avevano commesso alcun reato: in genere venivano allontanati a scopo preventivo o perché erano considerati un pericolo per la comunità. Nel fissare un così alto livello qualitativo del comportamento infantile, i nazisti attingevano a una riserva di opinioni professionali diffuse in Europa, Nordamerica e Australia circa i rischi di degenerazione sociale inevitabili nel caso in cui si fossero lasciati crescere giovani vulnerabili in condizioni di depravazione. Era meglio allontanarli prima che diventassero criminali incalliti e quando ancora esisteva una possibilità di salvarli dalla corruzione. Ponendo l’accento sulla prevenzione, le autorità non stavano solo tentando di combattere la criminalità giovanile, cercavano altresì di “salvare” i giovani dalle loro famiglie e da se stessi. E ancora più importante era sbarazzarsi dei minori “ribelli” prima che traviassero i coetanei. La guerra contribuì a rafforzare ulteriormente tali convinzioni: se si voleva evitare un crollo del fronte interno, occorreva non solo prevenire a tutti costi le carestie, ma anche il furto, il mercato nero e la criminalità giovanile. Nella convinzione di proteggere i bambini in quanto futuro razziale della nazione tedesca, le autorità si impegnavano a escludere dalla “comunità nazionale” chi avrebbe potuto mettere a repentaglio quel futuro: prima di avere il permesso di tornare, quei bambini avrebbero dovuto dimostrare di essere stati “rieducati””.

L’AUTORE – Nicholas Stargardt, figlio di un ebreo tedesco e di un'australiana, è nato a Melbourne ed è cresciuto tra Australia, Giappone e Gran Bretagna. Attualmente insegna Storia moderna europea al Magdalene College di Oxford. Esperto di storia sociale della Germania nazista, è autore di numerose pubblicazioni su questo argomento come “The German Idea of Militarism. Radical and Socialist Critics” (1994) e “La guerra dei bambini” (Mondadori 2006).

INDICE DELL’OPERA – Introduzione - Il diritto a un nome - Elenco dei personaggi - Elenco dei toponimi - I. Il fronte interno - II. La guerra razziale - III. La guerra arriva in patria - IV. Il seguito – Note - Fonti d'archivio - Bibligorafia scelta – Ringraziamenti - Fonti iconografiche - Indice dei nomi