Il silenzio di Stalin. I primi dieci tragici giorni dell'Operazione Barbarossa

Constantine  Pleshakov
Corbaccio, pagg.368, Euro 24,00
 
IL LIBRO – La reazione di Stalin all’improvvisa invasione tedesca nel giugno del 1941 è uno dei capitoli più discussi e controversi della storia contemporanea. Secondo alcuni, il dittatore fu colto di sorpresa, precipitò in una crisi depressiva e fu per dieci giorni del tutto incapace di dirigere la resistenza del paese contro il micidiale attacco congiunto della Wehrmacht e della Luftwaffe. Secondo altri, Stalin sapeva che la guerra sarebbe scoppiata e si preparava a farla lui stesso nel 1942, non appena le forze sovietiche fossero state pronte a prendere l’iniziativa. Ma i suoi piani furono sconvolti dalla mossa d’anticipo di Hitler e l’unica difesa possibile, in quelle circostanze, fu quella di contenere, con qualche misura di ripiego, l’avanzata del nemico.
Oggi, grazie alle esaurienti ricerche di Constantin Pleshakov negli archivi sovietici, il quadro è finalmente più chiaro. Stalin preparava la guerra per il 1942 e fu effettivamente sconcertato da un evento che non aveva previsto; per 48 ore si assentò dal Cremino e stentò poi, per qualche tempo, a regolare il passo delle sue decisioni sui tempi di un’operazione travolgente che permise ai tedeschi, nei primi dieci giorni, di penetrare per 550 chilometri nel territorio dell’Urss e di conquistare un territorio abitato da 20 milioni di russi, ucraini, bielorussi.
Da quel momento il paese, sia pure con grande lentezza cominciò a dare segni di ripresa. Pleshakov elenca le ragioni che permisero all’Urss di uscire vincente dalla partita. Il disprezzo di Hitler per i popoli slavi e il trattamento inflitto ai prigionieri sovietici. La vastità del territorio e il «generale inverno» dettero all’Urss il tempo per preparare le forze del contrattacco. Stalin dimostrò, nella condotta delle operazioni, una inattesa flessibilità: ridusse il potere dei commissari nelle formazioni militari, lasciò ai generali una maggiore libertà di iniziativa, attenuò i toni della ideologia per dare libero sfogo ai sentimenti patriottici del popolo. Ma non rinunciò a utilizzare gli stessi metodi del Terrore di cui si era servito per controllare il Paese negli anni precedenti. Patriottismo russo e Terrore: furono questi gli ingredienti con cui Stalin, dopo lo smarrimento dei primi dieci giorni, riuscì a sconfiggere la Germania di Hitler.

DAL TESTO – "Iosif Stalin soffriva d’insonnia e spesso restava sveglio fino all’alba. Ma la sera del 21 giugno 1941, il padrone assoluto di quello che un tempo era stato l’impero sconfinato degli zar si ritirò insolitamente di buon’ora.
La giornata lo aveva sfinito. Le relazioni, provenienti da fonti diverse, sui piani tedeschi per attaccare l’Unione Sovietica si erano susseguite senza sosta. Solo pochi giorni prima, Stalin non aveva creduto a quei resoconti. Non aveva mai dubitato che un giorno Hitler avrebbe rivolto i suoi sguardi rapaci verso l’Unione Sovietica, ma, secondo lui, questo non sarebbe accaduto prima della primavera del 1942, quando la Gran Bretagna avrebbe capitolato. Dal suo punto di vista, lo Stato maggiore tedesco non avrebbe permesso che la Germania s’impantanasse nuovamente in una guerra su due fronti come era già accaduto nel 1914. Per quella data il piano di Stalin, finora celato anche alla maggioranza dei suoi generali, sarebbe stato pronto: prevedeva un attacco contro i tedeschi su vasta scala, un attacco che avrebbe permesso all’Unione Sovietica di ottenere altre porzioni dell’Europa orientale da annettere all’«impero rosso»."

INDICE DELL’OPERA - Prologo - 1. Gioco di guerra - 2. La vigilia - 3. L'attacco - 4. Disastro a ovest - 5. Speranza a sud - 6. La perdita della Bielorussia - 7. La voce del (loro) padrone - Epilogo - Una nota sulle fonti e la metodologia - Bibliografia - Ringraziamenti - Indice delle cartine - Indice dei nomi