La vera storia dell'eccidio di Cefalonia
Massimo Filippini
Grafica MA.RO Editrice, pagg.112, Euro 10,27
 
IL LIBRO – L’Autore è figlio di un martire di Cefalonia, il maggiore Federico Filippini il quale, il 25 settembre ’43, insieme con altri sei ufficiali, venne fucilato dai tedeschi a Capo San Teodoro, dietro la famigerata “Casetta Rossa”, per rappresaglia della fuga dall’ospedale, in cui erano ricoverati con loro, altri due ufficiali. I cadaveri, cosparsi di benzina, vennero dati alle fiamme e le ceneri disperse nel vento. Oltre alla qualifica di “orfano di guerra” per sé e di “partigiano” per il padre, null’altro ha avuto, l’Autore, dall’Italia “nata la resistenza”: nemmeno la verità dei fatti. Dal tale criminosa omissione è nata  la volontà di accertare quando realmente accadde a Cefalonia: il presente libro, frutto di lunghe e pazienti ricerche, ne costituisce il risultato. I fatti narrati in esso non temono smentite di sorta. Il lettore potrà provare nausea o indignazione, maledire o restare indifferente, ma di una cosa dovrà essere certo: dalle assoluta verità di quanto narrato. 

  DAL TESTO – “Il fatto più tragico avvenuto in seguito all’armistizio dell’8 settembre 1943 fu l’annientamento della divisione “Acqui” che presidiava le isole di Cefalonia e Corfù ad opere delle truppe tedesche, alle quali il generale Gandin – comandante della Divisione – comunicò, il mattino del 14 settembre, la decisione di non cedere, come richiesto, le armi. Contrariamente a quanto si ritiene, il testo del proclama di Badoglio non imponeva di andare contro i tedeschi, ma si limitava ad ordinare la cessazione della ostilità contro gli alleati, prescrivendo di reagire contro chiunque soltanto se attaccati. Non fu, dunque, in contrasto con tali direttive, l’ordine che il comando della XI Armata italiana, dislocato ad Atene, inviò alle dipendenti divisioni – “Acqui” compresa – di cedere ai tedeschi le artiglierie e le armi pesanti della fanteria, poiché, in seguito ad accordi con il Comando Supremo tedesco le truppe italiane – uscite dalla lotta a seguito dell’armistizio – sarebbero state in breve tempo rimpatriate.  Tale ordine che certamente il generale Vecchiarelli – comandante dell’XI Armata – diramò sotto la pressione tedesca, ebbe l’indubbio merito di sottrarre ad una tragica fine – come fu poi per la “Acqui” – la stragrande maggioranza dei nostri soldati in Grecia. In esecuzione di esso, infatti, si consegnarono ai Tedeschi le divisioni “Forlì” in Attica, “Modena” in Epiro, “Cagliari” e “Piemonte” nel Peloponneso, e “Casale” nella zona di Missolungi; i nostri soldati – in violazione dell’accordo – vennero condotti prigionieri in Germania ma, a conti fatti, ebbero la fortuna di tornare, a guerra finita, alle loro case. All’incolpevole generale Vecchiarelli non furono risparmiate critiche feroci ed accuse collaborazionismo, da pare di taluni storici, morsi dalla tarantola della resistenza ad ogni costo, i quali, in evidente malafede, finsero di ignorare che il primo a risentirsi per la violazione degli accordi fu lo stesso Vecchiarelli che, fatto prigioniero anch’egli, fu condannato da un tribunale fascista a Bergamo a dieci anni di reclusione per il suo “comportamento antitedesco in Grecia”. A questo punto viene spontaneo chiedersi che cosa avvenne in seno alla “Acquì” per cui essa, anziché seguire la sorte delle altre divisioni, lasciò trascorrere ben sette giorni dalla data dall’armistizio prima di comunicare ai tedeschi il rifiuto di cedere le armi”. 

  L’AUTORE – Massimo Filippini è nato a Roma nel 1936. A sette anni rimase orfano di padre, a causa degli infausti eventi provocati dall’ignobile 8 settembre 1943. E’ stato ufficiale dell’Aeronautica ed esercita, attualmente, la professione forense, alternandola a quella di studioso di cose militari.

  INDICE DELL’OPERA – Presentazione – Prefazione – Introduzione – 1. I fatti – 2. Le responsabilità – 3. Il processo – 4. Bibliografia - Parte Prima: Il fatto - Cap. 1 – Il proclama di Badoglio ed il primo ordine dell’XI Armata - Cap. 2 – La propaganda greca. Il secondo ordine dell’XI Armata - Cap. 3 - Le trattative. Il consiglio di guerra. Si intravede l’accordo - Cap. 4 - La cospirazione. Primi sintomi di rivolta - Cap. 5 – La resistenza greca. Il calvario della Divisione “ Pinerolo ” - Cap. 6 – Dalla cospirazione alla rivolta. L’intesa con i ribelli – Cap. 7 – I tre punti dei Tedeschi. Il nuovo consiglio di guerra e il parere dei cappellani. L’accordo – Cap. 8 – Esplode la rivolta. Il ruolo del 33° Artiglieria – Cap. 9 – I fatti di Lixuri. Dall’assassinio del capitano Gazzetti al tentato omicidio del generale Gandin – Cap. 10 – I rivoltosi a rapporto da Gandin. Apollonio, Pampaloni e…Farinacci – Cap. 11 – L’ultimatum tedesco e l’ultimo consiglio di guerra. L’insonne notte dei rivoltosi - Cap. 12 - Le cannonate di Argostoli. “Il fatto compiuto” - Cap. 13 - Le ultime trattative. L’ordine di Brindisi. La fine - Parte Seconda: Il Processo - Cap.1 – Genesi del procedimento penale. Le denunzie del dott. Triolo - Cap. 2 – La documentazione proveniente dagli imputati. Diversità di valutazione tra Pubblico Ministero e Giudice Istruttore – Cap. 3 – Gli imputati e i capi di imputazione – Cap. 4 – Il processo: dalla requisitoria del p. m. alla sentenza di proscioglimento. Peculiarità di quest’ultima – Cap. 5 – La ricostruzione dei fatti nelle differenti versioni del p. m. e del g. i. Le giornate dall’8 all’11 settembre Cap. 6 – Dal 12 settembre al tragico epilogo – Cap. 7 – I singoli reati. Generalità. L’insubordinazione – Cap. 8 – La cospirazione – Cap. 9 – La rivolta – Cap. 10 – L’eccidio dei ricoverati nell’ospedale – Cap. 11 – Le gesta di Appolonio: da “promotore” della lotta a “collaboratore”dei Tedeschi – Cap. 12 – Conclusioni - Appendice