La grande bugia
Giampaolo Pansa
Sperling & Kupfer Editori, pagg.480, Euro 18,00
 
IL LIBRO – Per decenni la guerra di liberazione è stata blindata dal Pci, che ne fu il principale protagonista, in una sorta di mito fondativo della Repubblica, al riparo da qualunque critica. A violare il silenzio istituzionale ci ha pensato il nuovo capo dello Stato, Giorgio Napolitano, che nel primo messaggio al Parlamento ha ricordato la Resistenza, certo, ma anche le sue zone d'ombra, gli eccessi, le aberrazioni. Una schiettezza ancora più apprezzabile, perché viene proprio da un leader politico cresciuto nella famiglia comunista. Che cosa è intervenuto per far emergere questa verità persino al Quirinale? Forse devono aver influito pure i libri di Giampaolo Pansa sulla guerra civile. Un lungo racconto, iniziato nel 2002 con "I figli dell'Aquila" e proseguito con "Il sangue dei vinti" e "Sconosciuto 1945". Ora il racconto si conclude con "La Grande Bugia". È un testo diverso dai precedenti. Anche qui il lettore troverà nuove testimonianze emerse dal mondo dei fascisti sconfitti. Ma il cuore del libro è un altro, ed è rivolto all'oggi. C'è il diario delle esperienze di Pansa come autore di ricerche sulla guerra interna. C'è la sua risposta alle stroncature più acide. E infine la ricostruzione di vicende accadute a personaggi che, prima di lui, sono passati sotto le forche caudine di chi rifiutava qualsiasi revisione della Grande Bugia. Ossia del ritratto reticente, incompleto, spesso falso e dunque bugiardo della nostra guerra civile, che le sinistre italiane hanno costruito e protetto per sessant'anni. "La Grande Bugia" è stata anche lo scudo dietro cui si sono nascosti tanti di coloro che hanno cercato di screditare il lavoro di Pansa. L' autore ripercorre le loro ripetute aggressioni in una narrazione puntigliosa e animata da una cattiveria allegra, dove i protagonisti, citati con nome e cognome, sono quelli che uno storico, pure avverso ai libri di Pansa, ha definito i Guardiani del Faro Resistenziale. Politici di ogni calibro. Baronetti universitari. Capi del reducismo partigiano. Esorcisti del diavolo revisionista. Antifascisti autoritari. Direttori di giornali post-comunisti. Presunti opinion leaders. Presenzialisti del circo televisivo. E più di un furbetto del quartierino storiografico, sempre pronto a salire in cattedra con il ditino alzato. Pagina dopo pagina, queste figure e figurine vengono descritte nella loro sterile faziosità. "La Grande Bugia" è un libro di battaglia politica e civile, talvolta velenosa, ma sempre sorridente. Nel megastore librario italiano mancava da tempo un testo così. Anche per questo i lettori lo apprezzeranno.

DAL TESTO – ““E adesso possiamo passare a un’altra leggenda da sfatare: quella che gli italiani fossero contrari al regime di Mussolini. Non è vero: l’Italia è stata un paese in grandissima parte attratto dal fascismo o senz’altro fascista. Almeno sino al nostro ingresso nella seconda guerra mondiale. Nel ventennio mussoliniano, gli antifascisti sono stati una piccola minoranza, molto piccola. E costituita quasi per intero da comunisti: oppositori solitari, avversari ostinati e, spesso, eroici”.

  “Molti italiani restano fascisti anche dopo i disastri originati dalla guerra, dalla nostra alleanza con la Germania e dalla catastrofe dell’8 settembre. La Repubblica Sociale ha avuto una consistente base di massa, in tutti i ceti sociali. Questo consenso, assai più ridotto ma ben più rischioso di quello del ventennio concluso dalla crisi del 25 luglio 1943, rimase intatto per i venti mesi della guerra civile. Non si attenuò neppure quando risultò chiaro che Mussolini, ormai, aveva perso l’ultima battaglia. Sa da che cosa l’ho capito?” “Dagli elenchi dei giustiziati dopo il 25 aprile?” chiese Emma. “Sì, ma anche da quelli da fascisti uccisi prima, nel corso della guerra interna. Non parlo soltanto dei militari delle divisioni allestite dal maresciallo Graziani e dei volontari del reparto politici. Mi hanno colpito soprattutto le migliaia di civili, legati in modi diversi alla Rsi. Uccisi o fatti sparire dai partigiani per tanti motivi diversi, ma spesso soltanto per la loro adesione al Partito Fascista Repubblicano. Era una tessera pericolosa, che poteva costare la vita. Eppure la presero in tanti,”  “Quasi sempre era gente qualunque, per usare un’immagine che non mi piace, ma che serve a chiarire quel che voglio dirle: impiegati, insegnati, artigiani, operai, pensionati, casalinghe, professionisti, contadini, piccoli proprietari agricoli, sacerdoti, e così via. Oggi diremmo: ecco una parte dell’Italia profonda, quella che sembra estranea alla grande storia. E che invece non lo era per la storia del fascismo.””                        
     

  L’AUTORE – Giampaolo Pansa, nato a Casale Monferrato nel 1935, scrive per “L'espresso” e “la Repubblica”. Con Sperling & Kupfer ha pubblicato saggi e romanzi di grande successo. Tra questi ricordiamo: “Siamo stati così felici”, “I nostri giorni proibiti” (Premio Bancarella), “Ti condurrò fuori dalla notte”, “I figli dell’Aquila”, “Il sangue dei vinti”, “Prigionieri del silenzio e Sconosciuto 1945”.

  INDICE DELL’OPERA – A chi legge – Prologo:  Emma - Parte prima: Il maestro di Alba – La casa sul Penice – Parte seconda: “Io, cittadino di serie B” – Squadroni della morte – Il comandante Iso – Saluti da Cuneo – Il compagno Kojak – Papà fascista, figlio comunista - Parte terza: La Quercia debole - Processo D’Alema - La tivù nel Triangolo  - Uomini di marmo - Il partigiano Ovidio - Difesa a catenaccio – Parte quarta: Leggende da sfatare. Morti misteriose - L’enigma Acquaviva - Bello il 25 aprile! - Vergogna in piazza - Il Diavolo revisionista – Parte quinta: Gli esorcisti - Il signor Ghigliottina - Il professor Basta! - Un figlioccio assassino - Orfano di guerra – Parte sesta: Uomini e no - Lo scandalo Porzùs - Linciaggio - Storie di famiglia - L’antifascismo autoritario – Parte settima: I faziosi e gli inerti - Il maledetto Pisanò - Contro- Storia – Ricordo di Sylva e Carlo – Parole di presidente