Arturo Reghini. Un intellettuale neopitagorico tra massoneria e fascismo

Natale Mario Di Luca
Editrice Atanòr, pagg.179, Euro 14,00
 
IL LIBRO – Il matematico ed erudito fiorentino Arturo Reghini (1878-1946), alto dignitario della Massoneria prima del suo scioglimento a opera del Fascismo, fu il più noto esponente del neo-pitagorismo nel XX secolo e teorico dell’“Imperialismo Pagano”. Amico di Giovanni Amendola e di Giuseppe Papini, personaggio di punta della scapigliatura fiorentina all’epoca delle riviste “Leonardo”, “Lacerba” e “La Voce”, fu a sua volta fondatore delle riviste “Atanòr” (1924), “Ignis” (1925) e – con Julius Evola - “Ur” (1927-1928). Alla sua opera sono legate la riproposizione della “magia colta”, neo-platonica e rinascimentale, che contrappose al Cristianesimo come via d’accesso al divino, e una critica radicale dell’occultismo e degli pseudo-esoterismi moderni. In collaborazione con René Guénon, auspicò la rinascita spirituale dell’Occidente attraverso la formazione di un’élite iniziatica nel quadro di un processo di rigenerazione della Massoneria, in cui vedeva un residuo “deviato” di un’antica organizzazione ermetico-pitagorica, d’origine pre-cristiana ed erede degli antichi Misteri. Polemista efficacissimo, fu interventista e fautore del primo Fascismo, ma ruppe con Mussolini all’epoca del delitto Matteotti e con l’instaurazione della dittatura, ritirandosi nello studio della geometria e della matematica pitagoriche. Già in vita, sul suo conto s’era formata una corposa leggenda di “mago” e di facitore di prodigi, arricchitasi con il tempo di altre fantasiose aggiunte.
Questo profilo bio-bibliografico ne ripercorre le vicende, ricostruendo la realtà storica e l’evoluzione culturale di uno degli intellettuali più “atipici” e originali della storia italiana recente.

DAL TESTO – “Qualche anno dopo (1902) ebbe inizio un’altra e più duratura esperienza attraverso l’ammissione nella massoneria, per il tramite dell’editore Giuseppe Sulli-Rao, da lui conosciuto nel 1898 nell’ambito della Società Teosofica. La sua iniziazione ebbe luogo, però, in ambito “irregolare” e cioè presso la loggia “I Rigeneratori” di Palermo all’obbedienza del Rito di Memphis ricostituitosi proprio a Palermo nel 1890 e che nel 1899 raccoglieva quattro logge dissidenti dal Grande Oriente d’Italia, allora sotto la gran maestranza di Ernesto Nathan, futuro sindaco ultra–laico di Roma. Nell’anno seguente (1903) il percorso massonico del Reghini conobbe una svolta mediante l’affiliazione alla fiorentina loggia Michele di Lando, all’obbedienza del Grande Oriente Italiano, di cui era gran maestro il medico e deputato radicale milanese Malachia De Cristoforis, fondato nel 1897 in seguito ad una scissione dal Grande Oriente d’Italia. Ricompostasi la scissione il 15 dicembre 1904 grazie al “patto di Parma”, la “Michele di Lando” si sciolse per ricostituirsi immediatamente sotto la denominazione di “Lucifero”, di Rito Simbolico ed all’obbedienza del Grande Oriente d’Italia. Il Reghini partecipò, insieme con Edoardo Frosini ed i due fratelli Mori (Pietro e Giovanni), alla fondazione della nuova loggia, presso la quale nel 1907, essendone maestro venerabile ancora Pietro Mori, fu iniziato al grado di apprendista un personaggio destinato a svolgere un ruolo fondamentale nella vita del Reghini e di diversi altri massoni, il giovane musicista calabrese Amedeo Rocco Armentano. L’importanza del momento all’epoca attraversato dalla massoneria italiana è stata appieno apprezzata soltanto in tempi relativamente recenti, in rapporto sia alle sue cause remote sia alle conseguenze che ne derivarono. La scissione del 1897, infatti, si compiva per effetto di una congerie di dissensi che opponeva, al gruppo dirigente del Grande Oriente d’Italia capeggiato dal 17 gennaio 1887 al 2 giugno 1896 da Adriano Lemmi e dal 2 giugno 1896 al 15 febbraio 1904 da Ernesto Nathan, una minoranza interna di “democrazia di sinistra”, cavallottiana e fortemente rappresentata nello “Stato di Milano”, per gran parte aderente al Rito Simbolico Italiano che cogestiva con il Rito Scozzese Antico e Accettato il Grande Oriente d’Italia: dissensi di natura sia politica sia rituale, riconducibile ad una piattaforma ideologica positivista e “progressista”, che sul piano rituale si traduceva nella richiesta di “riforme” anti-tradizionali (l’abbandono della “formula” del Grande Architetto dell’Universo, l’abolizione degli “altri gradi”, lo smantellamento dei Rituali) e sul piano politico nell’apertura delle logge ai ceti più popolari e in un più accentuato impegno dell’Ordine nella lotta democratica “sociale””.

L’AUTORE – Natale Mario di Luca (Roma, 1949) è professore straordinario di Medicina Legale nell’Università di Roma “La Sapienza”. Accanto a quelli medico-giuridici, da alcuni decenni coltiva studi storici e filosofici. Condirettore della rivista “Arkete”, per la Casa editrice Atanòr dirige la collana “Jakin – Massoneria e Tradizione iniziatica”. Sempre con Atanòr, ha pubblicato il proprio saggio su “La Massoneria. Storia, miti e riti” (2000; 2001) e ha curato il volume collettaneo su “Le radici esoteriche della Massoneria. L’Arca vivente dei simboli” (2001, in coll. con Mariano Bianco), nonché le edizioni italiane di Naudon P., “Le Logge di San Giovanni e la Filosofia esoterica della Conoscenza” (1997), e di Geay P., Tradizione e Massoneria (2000).

INDICE DELL’OPERA – Premessa - I. Gli esordi: Società Teosofica, scapigliatura fiorentina e Massoneria – II. La Schola Italica ed il Pitagorismo - III. Le massonerie di frangia ed il Rito Filosofico Italiano – IV. L’impegno interventista ed il primo dopoguerra – V. L’illusione fascista – VI. Le riviste “Atanòr” ed “Ignis” - VII. La magia ed il “Gruppo di Ur” – VIII. Silentium post clamores – IX. L’ultimo atto – X. Luci ed ombre: un tentativo di bilancio – Indice dei nomi.