Yuri Gagarin e i primi voli spaziali sovietici |
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Enrico Grassani | ||||
Edizioni Selecta, pagg.228, Euro 33,00 | ||||
Negli anni '50 e '60 del secolo scorso, la rivalità tecnologica sorta tra USA e URSS per la conquista dello spazio avvinse l'opinione pubblica mondiale. Dietro quei successi che videro una netta prevalenza dell'Unione Sovietica, si accavallarono tantissimi eventi, più o meno tragici, di cui il pubblico (in special modo quello italiano) è ben poco a conoscenza. Questo pregevole saggio di Enrico Grassani (pubblicista, formatore e consulente industriale in materia di sicurezza) si propone di raccontare quelle storie - principalmente quelle relative all'Unione Sovietica, ma sullo sfondo anche alcune statunitensi - legando assieme dati tecnici, aspetti sociali e risvolti umani. Gli argomenti sono numerosi. Dalla severità delle selezioni e degli allenamenti a cui venivano sottoposti i cosmonauti si passa ai dati tecnici e alla cronaca delle missioni. Dalle pagine dei giornali dell'epoca alle successive ricerche giornalistiche intese ad appurare le numerose verità nascoste. In un simile contesto si inserisce, col suo carico di simpatia e fascino, la vicenda umana del primo cosmonauta:Yuri Gagarin. Il libro ne traccia l'intera storia, rivivendone gli entusiami, le delusioni e la rabbia provata di fronte all'ottusità del potere. La cosmonautica sovietica è ricca, oltre che di successi, anche di retroscena, quali: i primi lanci spaziali segreti di animali; la tragedia del cosmonauta Bondarenko, arso vivo durante le prove nella camera di isolamento; le misteriose voci captate dallo spazio, prima e dopo il lancio di Gagarin; la cancellazione della memoria storica del cosmonauta Nelyubov; la tragedia annunciata della Soyuz 1, in cui perse la vita il cosmonauta Komarov. Per arrivare alla tragica fine toccata nel 1968 allo stesso Yuri Gagarin, deceduto in un misterioso incidente aereo del quale, per la prima volta in Italia, si tenta qui una ricostruzione. Il volume, assai ricco dal punto di vista iconografico, si conclude con una cospicua documentazione filatelica (francobolli, FDC e annulli speciali) che abbraccia l'intero periodo delle missioni sovietiche Sputnik e Vostok. La storia dell'Unione Sovietica, secondo G. Zjuganov, è stata caratterizzata dalla lotta fra due contrapposte correnti interne al PCUS: da un lato, il "partito del nostro paese", "ispirato - come si legge in un articolo di Andrea Panaccione pubblicato sul n.32 della rivista "Giano" - ai valori de patriottismo e della grandezza dello Stato russo (uno Stato a cui viene attribuita fin dalle origini una vocazione imperiale e i cui valori fondanti, per il periodo pre–sovietico, sovietico e post–sovietico, rimangono quelli della classica triade del ministro della pubblica istruzione dello zar Nicola I, Sergej Uvarov: l’autocrazia, l’ortodossia e quella che Uvarov chiamava la narodnost’, spesso tradotto come popolo, nazionalità, principio nazionale, ma che dovrebbe connotare soprattutto la particolare e permanente natura del popolo russo), e "il partito di questo paese", estraneo alla tradizione nazionale e che nella Russia ha visto soltanto "un’arena per realizzare le proprie ambizioni e vanità smisurate e per intrighi di potere, un vero e proprio poligono per esperimenti sociali avventati" ("Stato e potenza", Parma, 1999, p.105). Il primo è il partito dei costruttori e dei difensori della patria [...], che dopo la rivoluzione del 1917, resa "inevitabile" dalla crisi russa, e chiusa l’esperienza tragica della guerra civile, si è dedicato alla ricostruzione del paese e all’accrescimento della sua potenza". Di questo partito, secondo Zjuganov, avrebbe fatto parte Yuri Gagarin (la moglie di Gagarin ha affermato che Yuri era animato da un "patriottismo illimitato"), insieme con Sokolov, Korolev, Zukov, Kurcatov e Stachanov. Il secondo, invece, è "il partito di Trockij e di Kaganovic, di Berija e di Mechlis, di Gorbacev e di El’cyn, di Jakovlev e di Sevarnadze" (cfr. "Stato e potenza", cit.). Tornato dal volo orbitale nello spazio, Gagarin ebbe ad affermare: «Sono stato nello spazio, ma non ho visto né Dio, né angeli». "Adesso - scrive Giovanni Bensi su "Avvenire" del 13 aprile 2006 - un ex collega di Gagarin, il colonnello in pensione Valentin Petrov, rivela che quella dichiarazione non fu spontanea, e che in realtà Gagarin era cristiano ortodosso. Petrov racconta di aver visitato con lui, nel 1964, il monastero della Trinità e di San Sergio a Sergiev Posad (che allora si chiamava Zagorsk), nel cui museo era esposto un modello della cattedrale moscovita di Cristo Salvatore, originariamente costruita nel 1837 in memoria delle vittime della guerra napoleonica, poi distrutta per ordine di Stalin e ricostruita solo dopo la caduta del regime comunista. Gagarin allora disse al suo collega: «Valentin, guarda quanta bellezza hanno distrutto!». Successivamente, durante una riunione del Comitato centrale del Pcus (di cui era membro), dedicata all'educazione della gioventù, Gagarin, secondo Petrov, fece un discorso in cui propose la ricostruzione della cattedrale. Noi, disse, parliamo tanto di patriottismo, «ma non si può parlare di patriottismo se non si conoscono le proprie radici». Poiché, proseguì, «la cattedrale di Cristo Salvatore era un monumento alla gloria militare, gli uomini che si apprestano a difendere la patria lo devono conoscere». Gagarin evitò a ragion veduta ogni accenno diretto al cristianesimo, usando una terminologia consona al regime di quei tempi, ma ciò nonostante non solo la sua proposta venne respinta, ma venne anche censurata nei resoconti pubblicati dalla stampa sovietica". Nel pantheon simbolico che celebra il "mito della grande potenza russa", la figura del grande Patriota sovietico Yuri Gagarin occupa un posto di primo piano, poiché egli "rappresenta «l’uomo del popolo» che è riuscito a conquistare lo spazio" (Boris Dubin, "L’immagine di Stalin nell’opinione pubblica della Russia contemporanea", in "Ventunesimo secolo", n.3/2003). |