Vecchi trucchi | ||||
John Kleeves | ||||
Il Cerchio, pagg.249, Euro 15,00 | ||||
Questo straordinario saggio di John Kleeves ricostruisce le strategie e la prassi della politica estera statunitense, dalle armi nucleari in Europa all'asservimento dell'America Latina, al traffico internazionale di droga. Kleeves spiega che gli Stati Uniti, "pur possedendo un regime elettorale pubblico, non sono un paese democratico, almeno non nel senso europeo-occidentale del termine. Sono un paese nel quale una netta minoranza della popolazione, ben individuata e con interessi omogenei, detiene incontrastata tutto il potere, può adoperare a suo piacimento la macchina dello Stato, sia per quanto riguarda gli affari interni che quelli esteri. Questa essenza totalitaria dello Stato americano è confermata dalla mancanza di una qualsiasi opposizione politica istituzionale interna (i due partiti che si dividono i vari Congressi statali ed il Congresso federale - il Democratico e il Repubblicano - sono di fatto un partito unico) e dalla costante repressione poliziesca esercitata sui dissidenti". Sin dalla nascita degli Usa come nazione indipendente, la politica estera americana si è sviluppata intorno a due concetti "predominanti, che sono rimasti inalterati sino alla seconda guerra mondiale. Poi, a partire dalla conclusione di questa i due stessi temi per forza di cose si sono fusi in uno solo, come due nodi che vengono al pettine. I due temi ante-seconda guerra mondiale sono quelli dell'Equilibrio delle Forze in Europa e del Mercato dell'Oriente. Il tema del post-seconda guerra mondiale, il nuovo ed unico problema nel quale sono confluiti gli altri due, è quello della Russia". La propaganda, il danaro, la violenza e la strategia della droga sono i principali strumenti "con cui gli americani cercano di raggiungere i loro scopi in politica estera". "La propaganda americana nel mondo - scrive l'Autore - è qualcosa di incredibile: potente, sostenuta, subdola, onnipresente, efficacissima. Si potrebbe dire che se la propaganda americana all'estero cessasse d'incanto, dopo poco tempo in ogni angolo della terra la gente si sveglierebbe vedendo il mondo in maniera diversa. La propaganda americana all'estero è una vera cappa di piombo che grava sul mondo, di cui non ci si accorge perché si è abituati ad essa, come nel caso della legge di gravità". "Lo scopo della propaganda americana all'estero - aggiunge Kleeves - è uno solo: aiutarne la politica estera a raggiungere i suoi scopi [...]. E dato che questi scopi sono non solo poco edificanti ma anche contrari agli interessi della maggioranza dei paesi e delle relative popolazioni del mondo occorre che i medesimi siano camuffati in qualche modo. La stessa operazione va condotta nei confronti dell'avversario di turno: gli scopi della sua politica estera vanno distorti o falsificati del tutto, in modo da diventare complementari alla falsificazione precedente: noi vogliamo questo (e non è vero) perché lui vuole quello (ancora meno vero)". La propaganda americana "si sviluppa [...] su due piani paralleli, uno "culturale" e uno politico, il primo allo scopo di proiettare all'estero l'"immagine" che si vuole degli Stati Uniti ed il secondo allo scopo di camuffare la propria politica e di distorcere quella altrui. Questi compiti ben precisi sono stati affidati dal governo americano a due Agenzie distinte, una creata appositamente per la bisogna - l'USIA, United States Information Agency -, e l'altra creata anche per altri scopi - la CIA, Central Intelligence Agency: naturalmente i due campi di attività non sono impermeabili fra loro, anzi spesso si sovrappongono. Così anche le attività delle due Agenzie si incrociano, un po' per la natura della materia trattata e un po' per ragioni contingenti, di natura logistica (ad esempio, in certi paesi c'è una filiale dell'USIA ma non della CIA). Ma, in linea generale, l'USIA si occupa statutariamente della propaganda culturale e la CIA (fra le altre cose) di quella politica". Un'altra caratteristica della politica estera statunitense "è il costante, sistematico ricorso a metodi clandestini violenti. Il governo americano non si accontenta di influenzare con mezzi illeciti le opinioni pubbliche dei paesi esteri e di corrompere i loro uomini politici, i loro funzionari governativi civili e militari, e tanti comuni cittadini; quando si accorge che quei sistemi non sono più sufficienti, allora ricorre alla violenza: quando e dove può ribalta governi tramite colpi di Stato, spesso cruenti, e quando e dove può esso fa assassinare leader politici o uomini comunque importanti nella vita politica, economica o culturale dei loro paesi, ritenuti di ostacolo al raggiungimento dei suoi obiettivi. Abbiamo così colpi di Stato e delitti organizzati dagli Stati Uniti, due fenomeni che spesso sono concomitanti, ma talvolta non lo sono". Kleevese denuncia, infine, come gli USA detengano il controllo mondiale del traffico di droga al fine di poter corrompere e legare a sé governi esteri. Si può dire, infatti, con certezza "che il consumo interno e mondiale di droga è nell'interesse economico e politico degli Stati Uniti d'America. Se è così, il governo di questo paese non può far altro che sostenerlo e anche manipolarlo - e cioè appropriarsi del traffico che lo sostiene - in modo che offra i massimi vantaggi possibili, economici e politici, per il paese. E questo in effetti è quello che il governo statunitense sta facendo da diverse decine d'anni a questa parte, con grande successo: il mercato mondiale della droga è infatti praticamente tutto nelle sue mani". |